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Le forme di amministrazione condivisa

Tra i valori fondanti del nostro ordinamento emerge la “solidarietà” come base della convivenza sociale, per garantire la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo. In tal senso, l’art. 2 della Costituzione afferma: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Gli obblighi di solidarietà, però, non gravano soltanto sull’amministrazione, ma anche sui privati che, in applicazione del “principio di sussidiarietà orizzontale”, possono svolgere attività legate alla funzione amministrativa.
L’art. 118, co. 4, della Costituzione, infatti, dispone che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” La predetta funzione amministrativa rimane, quindi, nella titolarità degli enti pubblici, ma questi sono chiamati a favorire l’iniziativa privata lasciando ad essa ampi margini di manovra.
La Corte Costituzionale ha precisato che il suddetto art. 118 della Costituzione deriva “dal riconoscimento della “profonda socialità” che connota la persona umana (sentenza numero 228 del 2004) e della sua possibilità di realizzare una “azione positiva e responsabile” (sentenza numero 75 del 1992): fin da tempi molto risalenti, del resto, le relazioni di solidarietà sono state all’origine di una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese. Prima ancora che venissero alla luce i sistemi pubblici di welfare, la creatività dei singoli si è espressa in una molteplicità di forme associative (società di mutuo soccorso, opere caritatevoli, monti di pietà, ecc.) che hanno quindi saputo garantire assistenza, solidarietà e istruzione a chi, nei momenti più difficili della nostra storia, rimaneva escluso. Nella suddetta disposizione costituzionale, valorizzando l’originaria socialità dell’uomo (sentenza numero 75 del 1992), si è quindi voluto superare l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una “autonoma iniziativa dei cittadini” che, in linea di continuità con quelle espressioni della società solidale, risulta ancora oggi fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese. Si è identificato così un ambito di organizzazione delle “libertà sociali” (sentenze numero 185 del 2018 e numero 300 del 2003) non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle “forme di solidarietà” che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese “tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente” (sentenza numero 309 del 2013).”
Sulla base dei suddetti principi costituzionali e della relativa consolidata giurisprudenza, il Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36 del 2023), all’art. 6, sancisce i principi di solidarietà e sussidiarietà orizzontale, ribadendo che: “In attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di co-amministrazione, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa con i privati, sempre che gli enti del Terzo settore contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato.”
Come evidenziato dalla Relazione illustrativa del Consiglio di Stato, l’articolo in esame conferma la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti riguarda in particolare i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore (ETS) e non rappresenta una deroga, da interpretare restrittivamente, al modello generale basato sulla concorrenza, bensì uno schema a sua volta generale da coordinare con il primo. Occorre pertanto consentire un bilanciamento tra concorrenza e sussidiarietà orizzontale, superando la tendenza ad assicurare la prevalenza assoluta della prima sugli altri valori parimenti protetti dalla Costituzione.
Del resto, lo stesso diritto dell’Unione, anche secondo le recenti direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE sui contratti pubblici, nonché in base alla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia, tende a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà, mantenendo in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali).
Pertanto, il modello proposto intende apportare benefici alla collettività in termini di efficacia, efficienza e qualità dei servizi, promuovendo la capacità di intervento dei privati, spesso più rapida di quella delle amministrazioni. A tal fine, si prevede che gli enti affidatari dei servizi debbano essere scelti sempre nel rispetto dei principi di non discriminazione, trasparenza ed effettività, ma soprattutto in base al principio del risultato.
L’art. 6 del Codice dei contratti pubblici, all’ultimo periodo, sottolinea altresì che: “Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, numero 117”. In particolare, il rapporto tra gli enti del Terzo settore e le amministrazioni pubbliche è disciplinato dagli artt. 55, 56 e 57 del “Codice del Terzo settore” (D. lgs. n. 117 del 2017).
L’art. 55, premessi i principi generali cui la disposizione si conforma (“sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare”), dispone al primo comma che “le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, numero 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Al secondo e terzo comma, invece, vengono, rispettivamente, disciplinate la co-programmazione e la co-progettazione. La co-programmazione è “finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”, mentre la co-progettazione è volta alla “definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2”. La co-progettazione è oggetto anche del quarto comma, in cui si precisa che “ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l’individuazione degli enti partner”.

 

A cura del Dott. Guglielmo Vacca