Il capacity market
Il serrato dibattito sorto nel 2003 in Italia con riferimento all’adeguatezza della capacità di produzione di energia ha portato all’emanazione del Decreto Legislativo n. 379/03 che prevedeva l’avvio di un sistema finalizzato a garantire un adeguato livello di capacità di produzione di energia elettrica. Da quella prima previsione legislativa, il settore energetico sia in Italia che all’estero ha subìto una profonda trasformazione: la sensibile riduzione di capacità installata di generazione termica, accompagnata da un rilevante sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili, hanno, in particolare, determinato una serie di effetti a catena all’origine del problema dell’adeguatezza della capacità di generazione. Ne è conseguita l’adozione, nel nostro Paese e ancor prima in altri Paesi europei (GB, Irlanda, Francia, Polonia) e non (USA) di meccanismi di remunerazione della capacità produttiva. La seconda metà del 2019 ha rappresentato l’anno della svolta: si sono susseguiti un decreto ministeriale di approvazione, la pubblicazione della disciplina tecnica finale e l’entrata in operatività del meccanismo tramite l’effettuazione delle prime procedure concorrenziali. Questa “iniezione” di attività ha interessato tutto il settore elettrico.
La disciplina del capacity market elenca le regole di funzionamento del mercato, adottate in conformità ai criteri definiti dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) con la Delibera ARG/ELT/98/11 e le successive modifiche e integrazioni e approvate dal Ministero dello sviluppo economico con Decreto del 28 giugno 2019, con Decreto del Ministero della Transizione Ecologica del 28 ottobre 2021 e con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 9 maggio 2024.
Il capacity market, dunque, è un meccanismo di regolazione della capacità del mercato dell’energia elettrica, che prevede una remunerazione per gli operatori in base all’energia che sono in grado di garantire disponibile in rete. Attraverso di esso è stato possibile gestire in sicurezza la transizione verso un sistema a basse emissioni, garantendo che in ogni momento la domanda di energia elettrica fosse soddisfatta da un adeguato livello di capacità di generazione. L’obiettivo di questo sistema è quello di garantire una disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica nel lungo periodo, in modo da far fronte all’evoluzione dei consumi. Il mercato prevede contratti conclusi tra il gestore dell’energia e il proprietario dell’impianto che, a fronte dell’obbligo di rendere disponibile la propria capacità produttiva, riceve un premio fisso in euro/MW/anno. Il rispetto dell’obbligazione, assunta nei confronti del gestore di rete, è assicurato da un sistema di penali applicate all’operatore nel momento in cui non vi fosse l’effettiva disponibilità della capacità contrattualizzata. Il meccanismo consiste nell’indizione di aste concorrenziali dove, su base volontaria, gli operatori di mercato offrono la loro capacità produttiva (MW) a un acquirente centralizzato che si approvvigiona della quantità di risorse necessarie a garantire l’adeguatezza del sistema. Nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, le aste sono aperte a tutte le tecnologie.
Gli attori maggiormente coinvolti sono gli operatori che possiedono impianti termoelettrici a gas ma anche fonti rinnovabili, inclusi ad esempio gli idroelettrici a pompaggio o con un sistema di accumulo. Questo nuovo mercato rappresenta infatti un importante contributo per garantire segnali di prezzo di lungo termine e condizioni di adeguatezza del sistema elettrico coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione, in linea con il piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Il meccanismo del capacity market permette ai fornitori di usufruire di una remunerazione supplementare (premio) oltre alle normali vendite sul mercato tradizionale. Ma presenta anche alcuni rischi, ossia si tratta di perdite economiche che gli operatori possono subire qualora non dovessero riuscire a garantire la capacità aggiudicata al momento della richiesta, a causa di “fuori servizio” degli impianti di diversa natura.
Vi sono due tipologie di rischio: il rischio di perdita del corrispettivo variabile e il rischio di perdita del corrispettivo fisso. Il primo si verifica in caso di inadempimento temporaneo agli obblighi di offerta della capacità stabilita e l’operatore subisce la perdita fino a quando non viene nuovamente garantita la capacità sulla rete. La perdita del corrispettivo fisso, invece, si verifica in caso di inadempimento definitivo agli obblighi di offerta. Le perdite del corrispettivo fisso e/o variabile sono legate ad impegni di natura contrattuale, molto simili a penali. Si è reso, pertanto, necessario implementare una tutela che abbia come obiettivo quello di “coprire” la perdita del corrispettivo fisso annuale a seguito di inadempimento definitivo ai sensi del contratto con il gestore della rete elettrica e la perdita del corrispettivo variabile in caso di interruzione temporanea di esercizio. Il sistema di obblighi e penali che permea il meccanismo lo rende particolarmente rigido, caratteristica peculiare del sistema italiano. Tale limite è certamente da superare dato il contesto di sempre maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili (e, in particolare, di quelle non programmabili) nel sistema elettrico, anche in vista del raggiungimento degli obiettivi clima-energia al 2030 che vedono una quota di produzione da fonti rinnovabili (FER) pari al 55%.
A cura della Dott.ssa Greta Ardizzi